venerdì 1 giugno 2012

Boniver a Juba e Khartoum

   (dell'inviato Fabio Govoni)   
   (ANSA) - KHARTOUM, 31 MAG - Da tre giorni Sudan e Sud Sudan sono seduti attorno a un tavolo di pace sul campo ''neutro'' di Addis Abeba per superare i problemi rimasti irrisolti, in un  round negoziale mediato dall'Onu e dall'Unione africana (Ua): Khartoum lo affronta con ''cauto ottimismo'', Giuba con maggiore scetticismo, accusando il ''nemico'' di continuare a bombardare la popolazione civile lungo il confine, una circostanza che non trova per ora verifiche indipendenti e che il Nord smentisce ''categoricamente''. Questo il contesto in cui si e' svolta la breve visita nelle due capitali dall'inviata speciale del governo italiano per le emergenze, Margherita Boniver, che ai due governi ha portato un messaggio di fiducia e di sostegno, accompagnata dall'auspicio che nella capitale etiopica si faccia sul serio, come chiede il mediatore dell'Ua, l'ex presidente sudafricano Thabo Mbeki, ''broker'' di questo round negoziale, e come chiede la risoluzione 2046 approvata il 2 maggio all'unanimita' dal Consiglio di sicurezza dell'Onu, che impone alle parti di ritirarsi entro i propri confini, di cessare ogni attivita' ostile diretta o indiretta, pena l'attivazione di sanzioni internazionali.  I problemi che nelle ultimi mesi hanno prodotto un'escalation di violenza e di ritorsioni fra i due Paesi sono quelli che furono lasciati volutamente irrisolti quando il Nord, arabizzato e musulmano, e i ribelli Spla del sud nero, cristiano e animista, terminarono due ondate di sanguinosa guerra civile che in 40 anni aveva lasciato sul terreno oltre due milioni di morti,e arrivarono alla pace del 2005. I nodi furono trascinati in la', perche' la priorita' era la fine della guerra. Sei anni dopo, lo scorso 9 luglio, il Sud e' diventato indipendente, come deciso plebiscitariamente in un referendum sull' autodeterminazione previsto dal trattato di pace e al quale il Nord non si e' opposto.
 I nodi, ora venuti al pettine, sono quelli dei confini fra i due Paesi, dello status delle popolazioni di confine, della sicurezza. Ma il nodo piu' intricato e' quello del petrolio: il 75% del greggio dell'ex Sudan unito e' ora nel Sud. Ma il Sud per esportarlo deve farlo transitare - a caro prezzo - attraverso l'oleodotto per Port udan, gestito dal Nord. Lungo il cui tragitto Giuba da alcuni mesi accusa Khartoum di prelevare indebitamente sostanziose quote di greggio. Uno stato di cose che ha indotto il presidente del Sud Sudan, Salva Kiir, a chiudere i rubinetti del suo export petrolifero, privandosi dell'unica fonte di reddito e mettendo il suo poverissimo Paese alla merce' degli aiuti internazionali.
 Le due parti hanno ritirato negli ultimi giorni le rispettive truppe dalla principale zona contesa dell'Abyei, il cui status non e' ancora definito. Un primo passo in un'agenda di lavori che il piano di pace Mbeki vuole sia stringente: ''Credo che la pressione internazionale sia opportuna'', ha detto oggi il viceministro degli Esteri sudanese, Osman Rahmatullah, al termine del suo incontro con Boniver. ''Da parte nostra stiamo inseguendo una soluzione rapida ai problemi aperti. Ci sono problemi ancora irrisolti ma non ci sono problemi irrisolvibili. Da parte nostra - ha concluso - vogliamo la pace con il sud''. Un ''cauto ottimismo'' al quale a Giuba non c'e' un riscontro speculare: ''Come possiamo immaginare un processo di pace con uomini come (il presidente sudanese, Omar El) Beshir, inseguito da un mandato di cattura della Corte penale internazionale per crimini contro l'umanita' nel Darfur, che ci ha sempre massacrati e che considera noi del Sud degli infedeli?'', s'e' chiesto il viceministro degli esteri sudsudanese, Elias Nyamlell Wakoson, il giorno prima, incontrando Boniver a Giuba. ''Noi - ha detto Wakoson - siamo due volte vittime: di Beshir e della comunita' internazionale, che fino all'indipendenza ci appoggiava come vittime e ora ci considera invece corresponsabili''. Ma proprio qui sta la differenza nell'atteggiamento della comunita' internazionale all'alba del nuovo round negoziale: l'equidistanza, di cui il governo italiano, attraverso l'inviata Boniver, si e' fatto latore, consegnando ai governi di El Bashir e di Salva Kiir messaggi identici e con lo stesso tono. Le due parti ora sono corresponsabili del loro destino al 50%, senza sconti per nessuno. (ANSA).


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